A Palazzolo, anche quelli che non lo hanno mai conosciuto sanno che la Biblioteca Civica è intitolata a Giacinto Ubaldo Lanfranchi, non solo per ricordare il suo generoso mecenatismo ma per testimoniare il grande amore che egli ebbe sempre per i libri, soprattutto per quelli antichi del cinque-seicento. Il lavoro in ditta, accanto agli altri fratelli Lanfranchi, era il suo impegno, il suo dovere di ogni giorno, assolto con lo scrupolo, l’intelligenza, la passione dell’industriale di razza, che conosce che cosa vuol dire amministrare bene e far crescere il patrimonio: come, del resto, tutti i Lanfranchi, dalla prima generazione fino ad oggi, uniti dall’identico, comune vincolo di fedeltà e disciplina.
Eppure, come l’altro suo fratello Paolo Gentile, anche il grande ufficiale Giacinto Lanfranchi non si è mai immedesimato nel lavoro della ditta. Era un po’ l’intellettuale, lo studioso della famiglia, quello che sapeva far tesoro del grande insegnamento di San Tommaso d’Aquino, il Dottore della Chiesa pronto a ripetere: “guardati dall’uomo d’un solo libro”
E infatti, di libri, anche rari, preziosi, introvabili, aveva cominciato a circondarsi fin da giovane, col gusto tipico del bibliofilo, che colleziona incunaboli, cinquecentine, manoscritti, raccolte di memorie, con lo stesso rigore e talento di chi ama raccogliere bei quadri, o monete antiche, o tappeti persiani. Pronto poi – come avrebbe fatto con gesto munifico – a far dono di tutto il suo patrimonio alla comunità, alla sua Palazzolo: dai duecentocinquantasette incunaboli ai testi di araldica, dalle carte topografiche alla memorialistica di Vincenzo Rosa, alle enciclopedie ecc.
Del resto, è morto a ottantadue anni nel marzo del 1971, dopo una vita felice accanto, alla moglie Mariuccia Taglietti, il grand’ufficiale G.U. Lanfranchi non solo ha amato i libri ma non ha rinunciato a scrivere pagine di argomento storico: I Tasso grandi maestri delle poste e la filatelia, I cannoni di Bergamo hanno allontanato il Turco dall’Europa, Breve storia di Palazzolo, Note storiche di palazzolesi illustri, La torre del popolo sono alcuni dei titoli di sue, pubblicazioni, condotte con la stessa cura con cui sapeva stare alla testa della ditta.
L’interesse per la cosa pubblica, la dedizione a quello che un tempo si chiamava “il pubblico bene”, ha costituito un altro momento dell’attività esterna di G.U. Lanfranchi. Ne sanno qualcosa gli abitanti di Sarnico, che per un quinquennio l’hanno voluto primo cittadino, alla testa del loro Comune; ma lo sanno anche i numerosi sodalizi, che hanno avuto in lui un esempio di amministratore fermo e sagace, da presidente dell’Ospedale di Palazzolo a presidente del comitato locale della Croce Rossa.
Insomma, non c’era organismo di tipo assistenziale, culturale o sportivo che non ricevesse il suo aiuto materiale, la sua collaborazione appassionata, il suo consiglio sollecito, sempre nella prospettiva di servire gli altri e di testimoniare così che l’individualismo (tipico di tutti i Lanfranchi) deve accompagnarsi con il solidarismo, con l’altruismo, con la generosità verso il prossimo.
Questa lezione dà rettitudine e di buon gusto (di cui fa fede anche la sua appartenenza pluriennale come socio dell’Ateneo di Bergamo e come membro delle Belle Arti) resta il lascito più autentico, che il grand’ufficiale Giacinto Ubaldo Lanfranchi ha idealmente trasmesso ai posteri. Il busto, che nell’ottobre del 1986 la civica amministrazione ha inaugurato in suo onore, proprio nel giardino di quella che era stata la villa del fratello Angelo e che oggi ospita tante migliaia di volumi della sua biblioteca, è il modo migliore con cui i palazzolesi hanno voluto dirgli grazie.