La storia di Lampo

Angelo 1885-1962

La storia di Lampo

Secondo degli otto figli di Giovanni, Angelo nasce nel 1885; è lui, che, unitamente al primogenito Gentile, si assume il gravoso compito di continuare l’attività del fondatore, benché alla morte del padre avesse poco più di diciotto anni. Di carattere completamente diverso dal fratello Gentile, viene a costituire con questo l’accoppiata vincente alla direzione della Lanfranchi. è lui che ha le idee, mentre Gentile ne è il realizzatore. Quando i fratelli più giovani sono cresciuti, insiste perché tutte le decisioni più importanti vengano prese all’unanimità.

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Questo stile manageriale che avrebbe potuto portare alla paralisi, ma dai risultati si deve dedurre che per la Lanfranchi ha funzionato, anche perché Angelo dimostra notevoli capacità di sintesi e di strategia. Molto responsabilizzato nella gestione dell’azienda, a differenza dei fratelli non ha tempo per dedicarsi a sport o hobbies particolari; si sposa in giovane età con Bianca Kupfer ed ha quattro figli. Soprattutto dopo l’ultima guerra, saranno i due maschi, Giovanni e Franco che, insieme agli zii, contribuiranno all’attuale sviluppo produttivo e organizzativo della ditta. Si può affermare che la famiglia e l’azienda siano stati i due principali scopi della vita di Angelo Lanfranchi, e da entrambi ha avuto la fortuna di ricavare grandi soddisfazioni. Comunque, almeno alla domenica pomeriggio, quando non era in giro per affari, anche lui sapeva godere di qualche ora di pausa. Andava in piazza, al Bar Roma, e con gli amici si impegnava in lunghe partite a carte, che servivano a distrarlo dalle preoccupazioni professionali. Certamente ignorava che lo scrittore russo Gogol aveva scritto che “con le carte in mano tutti gli uomini sono uguali”.

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Ma bastava vederlo per capire che anche al gioco mostrava quella bonomia che riflette il genuino spirito democratico, che rivela la capacità di stare con tutti; ma poi, in ditta, anche lui come l’altro fratello Paolo Gentile faceva sentire che erano i Lanfranchi a tenere le redini del comando e a guidare, sempre con mano sicura. Da buon cattolico conosceva, insieme allo spirito di carità, anche la solidarietà con i propri simili; lui i soldi aveva saputo farli, ed era sempre pronto a dare un suggerimento utile a chiunque gli chiedesse il modo migliore di investire i propri risparmi, anche pochi e modesti, per farli fruttare proficuamente.

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Non amava le cariche pubbliche o meglio, accettava per spirito di servizio quelle inerenti al suo lavoro: per esempio, la presidenza dell’UBI, l’Unione Bottonieri Italiani, che lo ebbe come valente collaboratore per parecchi anni. Angelo non ha avuto neppure il tempo di godersi un meritato riposo e la morte lo ha colto nel 1962 mentre era ancora impegnato a pensare nuove strategie e nuovi sviluppi per l’azienda.